Nuovi apparecchi e indicazioni rilanciano la roentgenterapia

2023-03-08 14:04:33 By : Ms. Rachel Ma

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Nuove apparecchiature digitali e indicazioni più precise riaffermano la roentgenterapia come alternativa alle terapie fisiche nelle patologie artrosico-degenerative di grado severo. In chirurgia protesica può prevenire le calcificazioni articolari post-operatorie Wilhelm Röntgen scoprì l’esistenza dei raggi X nel lontano 1895 e bastarono pochi mesi perché entrasse in funzione il primo dipartimento di radiologia in un ospedale inglese. Dunque, i raggi Roentgen e i raggi X sono due denominazioni diverse per indicare la stessa cosa: onde elettromagnetiche con lunghezza d’onda compresa approssimativamente tra un millesimo di nanometro e 10 nanometri. Ma i raggi X non hanno solo una funzione diagnostica e già in passato la roentgenterapia era stata utilizzata nel trattamento di condizioni dolorose dei nervi, delle ossa e delle articolazioni. Che questo metodo terapeutico non abbia sempre ottenuto risultati del tutto soddisfacenti è però attestato non solo dalla letteratura pubblicata, ma anche dal fallimento della sua adozione universale. E negli anni a seguire il timore degli effetti mutageni delle radiazioni ha indirizzato ricercatori e clinici verso approcci differenti. Oggi però la roentgenterapia sta tornando in auge, sospinta da nuovi dati favorevoli, meglio definita da indicazioni più precise e supportata da nuove tecnologie che ne ridimensionano le controindicazioni. Ne abbiamo parlato con Gaetano Ruffo, responsabile dell’Unità operativa di Radiologia dell’Istituto Clinico San Siro di Milano, struttura del Gruppo ospedaliero San Donato presso la quale da qualche mese è attivo un centro che applica con successo la roentgenterapia.

Dottor Ruffo, il servizio di roentgenterapia dell’Istituto San Siro di Milano è stato riattivato quest’anno. È un esempio isolato oppure c’è una generalizzata ripresa di questo approccio? Quello della roentgenterapia della Clinica San Siro è un esempio che, a Milano, risulta tuttora isolato. Segni di un maggiore e rinnovato interesse verso questa metodica e i nuovi macchinari digitali sono tuttavia evidenti nelle regioni del Nord Est, a partire da Veneto e Trentino Alto Adige. Anche al di fuori dai nostri confini, un nuovo interesse per la radioterapia delle lesioni benigne è in atto in Germania e in alcuni paesi anglosassoni, in particolare negli Stati Uniti e in Canada. C’è inoltre da segnalare che esistono riscontri in letteratura provenienti dai paesi dell’estremo oriente.

La roentgenterapia è ritenuta una terapia del passato, che era stata accantonata perché utilizza radiazioni. Quanto può tornare utile oggi? La roentgenterapia che noi pratichiamo è una terapia antalgico-antinfiammatoria delle patologie benigne, non tumorali. In passato questa terapia non aveva alternative valide, quali oggi sono le terapie fisiche come onde d’urto, tecar, ultrasuoni o laser. Nel corso del tempo infatti l’impiego della roentgenterapia è stato ridotto a favore di terapie non utilizzanti radiazioni ionizzanti. Il motivo dell’interesse attuale è, principalmente, l’efficacia della roentgenterapia nel controllo del sintomo dolore articolare, delle inserzioni tendinee, delle fibrosi e calcificazioni eterotopiche. Rispetto ad anni or sono le indicazioni, per un verso, hanno subito una contrazione in termini di numeri. Peraltro, si sono meglio definite alcune indicazioni elettive di questa terapia.

Di quante radiazioni stiamo parlando, esattamente? Si tratta, mediamente, di una dose di radiazioni efficaci pari a quella di due sedute di radioterapia oncologica. Un ciclo di trattamento comporta una dose efficace di 6 Gray (Gy). Questa quantità di radiazione è, di per se, rilevante. Tuttavia, il bersaglio del trattamento è periferico. Parliamo, infatti, delle articolazioni degli arti, dove non ci sono strutture o organi particolarmente radiosensibili. Proprio in ragione della limitata radiosensibilità del “bersaglio”, risulta molto complesso un paragone con radiazioni impartite a scopo diagnostico, come ad esempio con una radiografia toracica. Insomma una valutazione della dose efficace in termini di “RX torace – equivalente” non ha un significato pratico, quando le radiazioni sono impartite sul ginocchio o sulla mano. Ancora meno possibile è l’equivalenza con le radiazioni che derivano dai viaggi aerei a lunga percorrenza, poche come quantità, ma che hanno come bersaglio il corpo intero.

Quanto e in che modo influiscono i nuovi macchinari nel ridurre i rischi di questi trattamenti? In Italia abbiamo uno storico di apparecchiature per roentgenterapia obsolete: mi riferisco a quelle ancora residue, rimaste per decenni dalla loro installazione e mai rinnovate, molte volte riparate. Non è sembrato conveniente rinnovare il parco macchine a fronte della contrazione delle richieste di terapia. Le nuove apparecchiature computerizzate offrono garanzie di migliore qualità dei trattamenti, maggiore collimazione del fascio radiante e risparmio della dose impartita al paziente.

Ci sono delle diffidenze tra i pazienti e tra i medici non specialisti? Come superarle? Le diffidenze da parte dei pazienti e da parte di molti medici, possibili invianti, sono motivate da informazioni mediatiche non del tutto giustificate nel corso degli ultimi decenni. In poche parole, la roentgenterapia non è più di moda come lo era decenni or sono. È auspicabile che un’informazione corretta possa portare a una valutazione più serena in termini di rapporto tra costi e benefici.

Per quali patologie e per quali pazienti è specialmente adatta la roentgenterapia? Le indicazioni al trattamento sono le patologie artrosico-degenerative di grado severo. Elettiva è la motivazione del controllo del sintomo dolore, specie quando non siano risultate efficaci le altre terapie che non impiegano radiazioni ionizzanti.

In particolare, quanto può essere utile per l’artrosi? La roentgenterapia riduce e controlla il dolore, influisce positivamente sulla mobilità articolare in tutti i casi di artrosi del paziente adulto o anziano. I pazienti candidati sono soggetti di età superiore a quarant’anni, per motivi di radioprotezione delle fasce giovani della popolazione. Esempi tipici sono quello del dolore da spina calcaneale, fascite plantare, tendinopatie croniche di mani e piedi, ossificazioni eterotopiche.

Ci sono applicazioni di questa tecnica anche in chirurgia protesica? In chirurgia protesica, vale a dire nei pazienti già operati, in particolare, la roentgenterapia ha indicazioni limitate. Può servire per la prevenzione di calcificazioni articolari post-operatorie e per la riduzione delle cicatrici, grazie alla sua capacità di inibizione della proliferazione del fibroblasto.

A seconda delle patologie, ci può accennare ai protocolli di trattamento? Per ogni paziente e per ogni distretto trattato è previsto un piano terapeutico personalizzato. Tuttavia, i dati della letteratura hanno messo in luce che è ottimale raggiungere una dose totale di 6 Gy, frazionata in 6 sedute di 1 Gy ciascuna. Questa è la dose di radiazioni efficaci di un nostro standard di trattamento. Le sedute possono essere due ogni settimana, con ciclo della durata di tre settimane. In alcuni casi sono preferibili tre sedute settimanali, con ciclo della durata di due settimane. Quando fosse necessario, un secondo ciclo terapeutico può essere ripetuto dopo un periodo di tempo non inferiore a due mesi rispetto al primo. È opportuno non ripetere in maniera indefinita e continuativa cicli di roentgenterapia, anche per i pazienti con dolore cronico. Il radiologo valuta ogni indicazione alla terapia in termini di giustificazione e ottimizzazione, in definitiva in termini di adeguatezza del trattamento radiante. Renato Torlaschi Giornalista Tabloid di Ortopedia

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